Wednesday, 14 January 2015

Bianco


Bianco. Cosi bianco che non potevo distinguere il soffitto dalle pareti del lungo corridoio, così bianco che sembrava estendersi all'infinito sopra la mia testa, così bianco che solo la lunga camiciola da notte appiccicata al ventre e perle di sudore sulla fronte mi facevano intuire il fitto vapore che mi avvolgeva. Come se qualcuno avesse lasciato una doccia d'acqua bollente aperta per ore.
E poi, si, eccolo! Il rumore dell'acqua che scrosciava dallo scarico; unico rumore in una nebbia bianca.
Il cigolio di una porta, qualcuno dietro di me che lascia passi umidi sull'ebano del pavimento (splish splash), e dentro, nello stomaco, un gorgoglio mi dice che quei passi, lenti e ritmati, cercano me.
Il bagno, bianco, avvolto dalla fitta nebbia di una doccia lasciata aperta per nessuno. Mi avvicino per girare la manopola e frenare quello scroscio fumoso, ma con la coda dell'occhio colgo un movimento al mio fianco. La camicia da notte zuppa di acqua e di sudore mi si attorciglia alle gambe, i laccetti del corpetto pizzato mi solleticano il petto e le braccia. 
E' solo lo specchio, il movimento del mio riflesso, ma il vapore ha appannato lo specchio, spezzando l'immagine.
Vedo le braccia, immobili lungo i fianchi, il petto che si alza e si abbassa a ritmo forsennato seguendo i miei respiri, il collo lungo, bianco, rigido, e poi nulla. La testa persa fra le gocce di vapore. 
Allungo la mano per pulire lo specchio; vedo la mia mano alzarsi, avvicinarsi, sdoppiarsi, sfregare lo specchio, ma il mio volto rimane avvolto in una nube bianca, bianca come i muri alle mie spalle, così bianca che il collo sembra finire con uno spacco improvviso, impaurito, senza testa a comandarlo.
I passi molli si avvicinano, lenti, cadenzati, splish, splash. Una nenia familiare, sussurrata all'infinito, splish, splash. Vedo un piede, nudo e bianco, raggiungere la soglia del bagno, la camicia da notte bianca, avvolta alle gambe, un'unica perla di sangue, scivolata dalla mano ferita che si aggrappa allo stipite.
Guardo inorridita la cicatrice sulla mia mano, la verità da cui non si può più scappare.  E' tardi. Conosco il volto che sta per comparire da quella porta. Gli scarti di una vita che avevo ucciso e seppellito, il marcio che avevo rinchiuso e dimenticato. Un fremito di terrore mentre guardo agonizzante il mio volto, pallido e malvagio, varcare la soglia del bagno. Splish splash.

Poi ti svegli e sono le 5 del mattino. Alla sola idea di richiudere gli occhi ti si arricciano i peli sul collo e c'hai una fifa blu che lo sai che appena ti riaddormenti quella la' con lo sguardo truce e la tua faccia attaccata al collo, torna a finire il lavoro! Ti scappa una pipi' bestiale, che dopo il secondo figlio non e' che te la puoi tenere all'infinito, ma piuttosto che alzarti e andare in bagno, te la fai anche addosso! Meglio la vergogna che vedersi riflessa nello specchio senza testa!
Maledicendo le decine di libri dell'orrore che ti sei divorata dagli 11 anni in poi, ti riprometti che ai tuoi figli solo Susanna Tamaro e Rosamund Pilcher!
O forse no...

3 comments:

  1. Hi hi hi... per questo non amo il genere horror ma meglio notte agitata per una lettura simile che perchè i bimbi ti reclamano, no?
    Ed io pensavo al bianco delle xxx che sto ricamando e mi si incrociano gli occhi sul lino troppo fitto.
    Molto coinvolgente il tuo racconto ;)
    Ciao Susanna

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    Replies
    1. Ciao Susanna!! Ehm, si, solo che nn ho piu' dormito! Perla serie 40 anni e nn sentirli!

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