Friday 12 June 2015

Quel Dentino

C'e' quel dentino, il primo che e' caduto, che mi ha preso un po' alla sprovvista. E si, lo so che aveva avvertito con largo anticipo, muovendosi e dondolandosi per giorni e giorni, in una lunga danza propiziatoria all'arrivo della fatina dei denti.
Che poi anche questa fatina, che complicazione! Un bel topino che scambia il dentino con un soldino posizionato sotto il bicchiere della cucina? Invece qui c''e la fatina, che cerca il dentino sotto il cuscino ed oltre il soldino lascia un po' di polvere di stelle.
Quando sarai più grande ti racconterò le acrobazie per cercare un dente minuscolo sotto il cuscino, possibilmente senza svegliarti.

Ma io no, non ero ancora pronta a veder quel dente appoggiato sul letto, a vedere te ancora un po' più grande, criceto di 5 anni. 
Il primo dente ad andarsene e' stato il primo ad arrivare e mi sembrava proprio che fosse ieri, o l'altro ieri al massimo, quando ti ho messo un cucchiaino in bocca per far tintinnare quell'ombra di dente, per essere proprio sicura che non fosse un frammento della mia immaginazione, ma una pura meraviglia ortodontica.
Bambina mia, tu non lo sai, ma quel primo dentino e' stato più importante per me che per te. E' stato un segnale di cambiamento nei primi mesi di maternità, così faticosi ed ombrosi; e' stato il primo segnale che non saresti stata una minuscola neonata piena di bisogni e dall'urlo facile per sempre, ma ti stavi trasformando piano piano nella mia compagna di vita, sempre un po' strillante, ma brillante e bellissima.
Quindi no, non ero ancora pronta a mettere quel dente sotto al cuscino e vedere il tuo sorriso trionfante e bucato.

Poi siamo andati in gita scolastica e, sull'autobus, di fianco alla bambina abbracciata al cestino rivestito di plastica che vomitava, c'erano anche due bambini impegnati ad estrarsi vicendevolmente i denti dondolanti. Con perizia ortodontica, l'estrazione e', ahimè, andata a buon fine, e mi sono ritrovata a porgere alla maestra i denti da presentare ai genitori al ritorno dalla gita.
Devo ammettere che questo ricordo ha tolto non poca poesia al secondo dente caduto, compresa la realizzazione che ce ne sono altri 18 da affrontare. Magari alla prossima gita scolastica mi do malata!

Tuesday 9 June 2015

Come Una Bottoglia Di Champagne

Il Soft Play e' quel luogo di perdizione dove prima o poi ogni mamma finisce, vuoi perché invasa dai sensi di colpa di una mattinata in cui i bambini sono stati trascinati a fare la spesa, alle poste, dal dottore ed alla banca. Oppure semplicemente per sfuggire alle intemperie atmosferiche, che, ahimè qui nella piovosa terra di albione, colpiscono inesorabili 12 mesi all'anno.
Il Soft Play rievoca memorie di infanzia: lo stesso odore di chiuso e di piedi che c'era nella palestrina sotterranea dove ti portavano a fare ginnastica il martedì sera. Soprattutto di piedi.


Il Soft Play e' un luogo malefico dove non puoi lasciare da soli quelli più grandi perché finiscono a darsele di santa ragione o ad annegarsi vicendevolmente nella piscina di palline colorate. E non puoi lasciare da soli quelli più piccoli perché si incastreranno in punti irraggiungibili, non riusciranno più a tornare indietro, avranno paura dello scivolo troppo alto o cadranno di testa dagli scalini, imbottiti, per carità, ma ripidissimi e scivolosi.

Il Soft Play e' quel luogo che fa impallidire ogni prova costume: se superi la taglia 46 non riuscirai mai ad infilarti fra i pertugi e passaggi studiati ed architettati con grande probabilità da un uomo vagamente sadico e senza figli. E proprio mentre ti isserai fra un livello e l'altro e rimarrai incastrata in un buco decisamente più  piccolo del tuo deretano, deciderai irrevocabilmente di iniziare quella dieta che postponi da Natale.

Il Soft Play e' un labirinto diabolico di griglie e reti da pesca, dove vedi tuo figlio ingarbugliato nel ponte tibetano, ma non riesci a raggiungerlo nel dedalo di micropassaggi, saliscendi e trabocchetti, e proprio quando sara' incastrato nel punto più alto e meno accessibile, inizierà a piangere perché gli scappa la pipi. E lui la farà li', fra il ponte sospeso e lo scivolo a tubo turbinante.

Al Soft Play dovrai iniziare a fare i preparativi per il ritorno a casa circa mezz'ora prima dell'orario previsto, perché quello e' il tempo che impiegherai a raggiungere il bambino, ad acchiapparlo ed a ripercorrere il labirinto infernale all'indietro. Perché no, tu ed il tuo di dietro,  nello scivolo a tubo turbinante non entrerete mai, nemmeno sotto tortura, perché sai già che ti ci incastrerai dentro, verrai presa da un attacco di claustrofobia e per tornare a casa ti dovranno stappare come una bottiglia di champagne. Solo che tu sarai solo il tappo di sughero.

Tuesday 2 June 2015

Paris Mon Amour

L'ultimo viaggio nella città dell'amore risaliva a ben cinque anni fa e ad un pancione di otto mesi avvolto in un immenso cappotto da portarsi su e giu per i Campi Elisi.
Poi la mammaInSe e Mr.M. sono stati piuttosto impegnati con due bambini, due traslochi e la vita che corre per poter saltare di nuovo su quel treno per un weekend romantico.
Ed allora, per la prima volta, su quel treno ci sono saliti in quattro, ed in 2 ore e 20 minuti precisi precisi sono passati dal centro di Londra al centro di Parigi, senza il mini trolley di cinque anni fa, ma con un valigione, un trolley, due zainetti e due bambini.

Se la sono presa comoda, hanno passeggiato, hanno affrontato capricci e stanchezza, si sono sfondati di croissant, pain au chocolat e viennoiserie in generale. Quello piccolo ha poi scoperto le perle della pasticceria francese:" Mamma, mamma vollio tutti quelli panini cololati e pizzini". E così si sono tutti rimpinzati di macarons al caffe, alla fragola, al pistacchio, all vaniglia, alla rosa ed alla lavanda.

Si sono diretti a vedere la Tour Eiffel, perche' non si poteva mica rimandare la Bibi a scuola a parlare solo delle pasticcerie di Parigi, ed hanno negoziato la coda chilometrica per salire sulla torre, con un doppio giro sulle giostre, a ritmo di fisarmonica.
Hanno fatto ancora un po' i turisti a Montmartre, schivando le frotte di artisti pronti a ritrarre la famiglia felice, così, in piedi, senza nemmeno mettersi in posa.
 Si sono poi stupiti quando, ai piedi dell'Arco di Trionfo, sotto una pioggia torrenziale, non hanno trovato nemmeno un venditore ambulante a proporgli un ombrellino a forma di Tour Eiffel. Che diciamolo, la mammaInSe l'avrebbe comprato piuttosto volentieri l'ombrellino, ma nulla, al giorno d'oggi le centinaia di venditori ambulanti di Parigi propongono solo portachiavi della Tour Eiffel o "selfie sticks" e nessuno dei due e' grande abbastanza per ripararti dalla pioggia. Mannaggia.

Hanno poi smesso di fare i turisti e si sono fatti portare in giro dagli amici parigini. Hanno scoperto un giardino incantato, sospeso fra i tetti di Parigi. Costruito sui vecchi binari sopraelevati del treno che un tempo attraversava la città. Hanno passeggiato sotto un cielo enorme ed un azzurro abbagliante, in un tempo sospeso, fra alberi ed archi di rose, curiosando fra le finestrelle delle piccionaie di Parigi che si affacciano eleganti ed altezzose su questo giardino strappato alla città.

Con il valigione, il trolley, 2 bambini, ma un solo zainetto (l'altro ha deciso di prolungare la vacanza...), la famigliaInSe e' poi risalita sul treno. Un po' più stanca, un po' meno entusiasta, che i rientri non sono mai stati il punto forte. Specialmente per quello piccolo, che dopo due treni ed un autobus, si e' reso conto di non essere più a Parigi solo quando ha visto la porta di casa. E la desolazione e' stata totale all'ululo di :
" Vollio tonale nell'albelto, voglio l'albelto di Paligi"
"Bibo, non si chiama Alberto, quante volte te l'ho detto. E poi credimi, fra tutti e quattro quella che davvero dovrebbe piangere per tornare in albergo al massimo sono io. Andiamo va, che c'ho da attaccare la lavatrice"
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