Friday 26 April 2013

Domani Pollyanna si Sposa

Domani Pollyanna si sposa.
Con ricci domati ed espressione solenne avra' un aspetto da gran signora.
Ma dietro quel vestito e quel trucco io la vedro' sempre ricciolona ribelle con un sorriso grande quanto il mondo.
Domani Pollyanna si sposa, e zitta zitta dietro a lei ci sara' una bimbetta impertinente con la bocca sporca di nutella ed una nuvola di ricci rinfusi che mi strizzera' l'occhio.
Perche' per me Pollyanna non e' mai cambiata, e' rimasta quella birba col passo sicuro che quasi trentanni fa si presento' a casa dei miei nonni ed inizio' a pestar erbette nei miei pentolini.
E da quel giorno non se ne e' piu' andata, presenza ciarliera ed irriverente che ha accompagnato ogni passo della mia vita: e' stata la faccina conosciuta che mi ha dato il coraggio di entrare in classe il primo giorno di scuola, e' stata la compagna delle crisi da adolescente, e' stata amica, e' stata famiglia.

Domani Pollyanna si sposa, perche' ha incontrato il suo Benessere ed hanno deciso di sorridere alla vita insieme prendendosi per mano.
Domani Pollyanna si sposa perche' si e' innamorata e non l'ho mai vista cosi' serena come dal giorno in cui un Benessere alto bello e moro e' entrato nella sua vita!
Domani mi commuovero' quando vedro' quella bimba cicciottella e ridanciana trasformata in bellissima donna fasciata dal suo abito bianco,.
Ma, ehi, tu, non mi freghi mica! Lo so che sotto quel fondotinta perfetto nascondi ancora quei baffi di nutella che rendono il tuo sorriso ancora piu' grande!

Ti voglio bene Pollyanna, per me non cambierai mai!

Wednesday 17 April 2013

Un Anno Di Blog: Tutta la Verita'

Un anno fa, ad un mese dalla nascita del mio secondo bimbo, nasceva Comesenonbastasse. Un esercizio catartico per affrontare le ansie e le preoccupazioni di diventare mamma una seconda volta. 
Ho deciso di affrontare questo secondo percorso con ironia ed un pizzichino di cinismo per esorcizzare fatiche, notti insonni e solitudine.
Ma perche' l'ho voluto fare?
Perche' sentivo la necessita' di esorcizzare e condividere, ed avevo bisogno di qualcosa che fosse mio, solo mio, a cui aggrapparmi se le cose avessero preso la piega sbagliata.
E cosi' per una volta voglio regalarMI la verita', per questo piccolo anniversario voglio dire ad alta voce e senza fronzoli, quello che cerco di non ripetermi mai.

I primi quattro, cinque mesi di vita di mia figlia, sono stati fra i più bui e duri della mia vita.
Credevo di essere pronta e di essere forte. Non ero una ragazzina a cui era capitata una gravidanza non desiderata. Ero una donna di 31 anni, sposata, che aveva cercato con tutto il cuore quella bambina con suo marito.

Eppure non ce la facevo, e non riuscivo a perdonarmelo.

Diventare mamme per la prima volta può essere un percorso difficile e tortuoso.
Per me, nella mia vita da Expat, diventare mamma e' stato un percorso fatto di tante lacrime e tanta solitudine.

E' iniziato ad andare tutto storto all'ospedale, quando, dopo aver fatto nascere la bambina con la ventosa ed essere ancora sotto l'effetto della spinale, sono stata mollata da sola, incapace di muovermi, ma con una bimba di poche ora da accudire, cambiare, allattare, consolare.

Una volta a casa non c'erano amici e parenti a fare la coda per venire a trovarti, per vedere la bambina, per portarti orsacchiotti troppo grandi e cioccolatini troppo calorici.
C'eravamo io, lei ed il divano, dove passavo ore ad allattarla, ed una televisione silenziosa che continuava a ripetere immagini mute e prive di significato.
Ricordo quell'ombra che ogni mattina si infilava sotto le coperte, mi copriva i piedi, mi stringeva lo stomaco per poi attanagliarmi la gola. 
Mi ricordo quell'angoscia che mi rendeva pesanti le gambe e rendeva lento e difficile ogni movimento.
Ricordo il magone ogni volta che Mr.M. si chiudeva la porta dietro di se per andare a lavorare.
Avevo un disperato bisogno che qualcuno si prendesse cura di me, di essere figlia ancora per un po', ma quell'esserino dallo sguardo impertinente non me lo permetteva.
Richiedeva le mie attenzioni ed il mio tempo, in continuazione. Ed io le davo tutto quello che potevo: tempo, attenzione ed amore fino allo sfinimento e fino a quando per me stessa non rimaneva piu' nulla.

MI ero sempre immaginata matrona divanata, che ammira la sua creatura dormire nella culla. 
Invece mi sentivo gatto senza pelo, appallottolata su un divano ed incapace di muovermi, incapace di dormire, incapace di organizzare la mia vita e la sua.
E lei strillava. Ohhhh come strillava. Strillava alla mattina, al pomeriggio, alla sera. Era un'urlatrice di professione,un'ugola d'oro della culla. Ed io ne ero atterrita.
Ogni attivita' giornaliera era accompagnata da panico: panico perché dovevo fare la spesa, panico perché dovevo comprarle dei bodini nuovi, panico perché se la mettevo giù era disperata ma io avevo un altrettanto disperato bisogno di farmi una doccia.
E non ero capace a condividere questo urgano di emozioni che mi travolgeva ogni giorno, una pioggia battente di panico, ansia, stanchezza e felicita', certo, perché c'era anche quella in quel gran casino che avevo in testa.

Se mi veniva chiesto come stavo, sapevo solo dire "bene grazie, un po' stanca forse"
Oppure piangere, torrenzialmente, singhiozzando e facendomi venire occhi grandi e gonfi, ma le parole, le spiegazioni per tutte quelle lacrime, proprio non riuscivo a tirarle fuori. E no, non sono una persona facile da aiutare, perché trovo così difficile parlare!

Poi ho trovato modi per stare meglio, anche se non ero ancora riuscita a fare pace con me stessa.
Dovevo uscire, stare fuori, camminare. Sola, sempre. Sotto la pioggia, il vento e nel buio di un Gennaio londinese.
Mi sono trovata sotto la grandine in St.James.Park. a camminare senza ombrello, a pranzare in piedi dentro la stazione Victoria pur di non tornare a casa.
L'ho allattata nei parchi, in chiesa, da Starbucks, OVUNQUE, pur di essere fuori, vedere altre facce, sentire altre voci.
E mi ha aiutato.
Lei e' rimasta una piccola urlatrice indefessa, ma a poco a poco, con il passare dei mesi, io mi sentivo più sicura sulle mie gambe. 
La mattina era sempre il momento più duro, accettare di mettere i piedi giù' dal letto ed affrontare la giornata era la battaglia più grande, ma i momenti di felicita' e di cieco amore verso mia figlia stavano decisamente prendendo il sopravvento ed ogni sera il bilancio era un po' più positivo del giorno precedente.

Fino a quando ho iniziato a divertirmi con lei, a fare cose CON lei e non solo per lei. 
Ed e' arrivata una mattina in cui mi sono svegliata, e quell'ombra non c'era più ed ero solo la madre fortunata di una bimba bellissima, sana e vispa. Avevo di nuovo le forze per affrontare tutto il resto.

Ho ricominciato a leggere. Riuscivo a concentrarmi sulle pagine di un libro, esercizio che mi era stato impossibile fino al giorno precedente. Strano, banale, ma per me la prova che stavo bene.

Qunado si e' avvicinato il momento di partorire il mio secondo Bimbo, mi sono spesso chiesta:" ed ora? Se si ripete di nuovo tutto? Se sto male di nuovo? Adesso e' un casino, non me lo posso permettere!"
Ma quel percorso, tre anni fa, mi aveva cambiata, mi aveva fatta crescere e mi aveva permesso di diventare una madre felice e consapevole. Una madre capace di apprezzare solitudine e silenzio. Soprattutto mi aveva insegnato che l'inizio puo' essere durissimo e faticosissimo, ma la', in fondo al tunnel di allattamento e sbalzi ormonali, c'e' la promessa di una famiglia chiassosa e felice che sarà la tua ragione di vita.

P.S. Ancora una volta questo post partecipa al Comitato Liberazione Mamma, sperando che la mia esperienza possa essere utile a qualcuno li fuori.


Tuesday 16 April 2013

Il Progetto "Everyday Sexism"

Un anno fa, Laura Bates, ha dato vita ad un progetto che ha chiamato "Everyday Sexism".
Laura Bates ha aperto una pagina su internet per invitare donne di ogni eta', provenienza ed estrazione sociale, a condividere episodi in cui sono state messe in difficolta' perche' donne, sono state insultate, sono state trattate in modo osceno, sono state fatte sentire inferiori o sono state semplicemente messe a tacere.

Il progetto e' nato senza fondi, senza pubblicita' e con scarsissima visibilita'.
Laura voleva solo provare a raccogliere un centinaio di storie per dimostrare che la discriminazione di genere esiste ancora e che vale la pena parlarne, e parlarne ancora, per fare in modo che qualcosa cambi e che le nostre figlie non ne debbano essere vittime.
Dopo un anno, il sito di Laura ha raccolto piu' di 25.000 storie di donne che sentivano la necessita' di condividere la loro esperienza, forse per sentirsi meno sole, per sentirsi parte di una comunita' o semplicemente per il puro bisogno di sfogarsi o forse di trovare una soluzione.

E' da tempo che seguo Laura sul suo sito
http://www.everydaysexism.com
e attraverso i twitt su @EverydaySexism

Oggi Laura ha raccontato la storia del suo progetto qui al "The Guardian", ed a un anno dal lancio del sito ha deciso di rendere questo progetto internazionale.

Mi ha contattata e contagiata con tutto il suo entusiasmo quando ha deciso di inaugurare la sezione in italiano del sito.
Potete trovare il link cliccando qui.

Vogliamo tapparci gli occhi e far finta che non ce ne sia bisogno?
L'Italia e' il paese del machismo dove un Berlusconi qualunque si puo' permettere siparietti come questo qui ai danni dell'impiegata di GreenPower. Ed e' solo uno fra mille.
Ne aveva gia' parlato Chiara di Ma Che Davvero, che raccoglie le sue riflessioni su italiani e "sexual harassment".
A voi non e' mai capitato di essere giudicate, additate e prese di mira solo perche' donne?

A volte sono episodi stupidi e banali, ai quali siamo talmente abituate da non farci piu' caso.

Al primo anno di universita' di Ingegneria Meccanica, commisi l'errore di indossare un paio di pantaloni corti durante l'orale di chimica. Presi 30. I commenti furono "facile prendere 30 mostrando le gambe".
Per tutti i 29 esami successivi mi presentai con pantaloni lunghi e vestiti al ginocchio.
Mi laureai con 110 e lode indossando un bel paio di pantaloni.

A volte invece sono episodi che ci mettono a rischio e ci fanno sentire vulnerabili.

Avevo 13 o 14 anni, ero in anticipo alla mia lezione di pianoforte e decisi di andare a fare due passi in corso Italia, per vedere il tramonto sul mare. Ero sola.
Sull'autobus un tipo di mezza eta' inizio' a fissarmi. Pazienza, capita.
Scesi dall'autobus, mi diressi alla passeggiata mare. Era Gennaio e con quel gran vento di tramontana, vicino al mare, non c'era nessuno.
Mi sedetti su una panchina e mi accorsi che il tipo dell'autobus era li', mi aveva seguita e continuava a fissarmi.
Mi alzai in fretta e furia e me ne andai, sapendo di averlo ancora dietro, ancora li' che mi seguiva.
E poi svani' nel nulla.
Il giorno dopo presi lo stesso autobus, alla stessa ora, per un'altra lezione di pianoforte.
Lo trovai li' ad aspettarmi alla fermata, ancora a fissarmi, e di nuovo inizio' a seguirmi per poi svanire.

Non dissi nulla, in fondo non mi aveva fatto niente no? Mi dava i brividi ma non mi aveva fatto niente no?
Dalla settimana successiva semplicemente cambiai autobus per andare alla mia lezione di pianoforte e per moltissimo tempo non andai piu' da sola ad ammirare il sole tramontare dietro al mare.

Se avete storie da raccontare e condividere, seguite Laura e la sua iniziativa.
Se pensate che possa essere utile, fate conoscere questo progetto, divulgate l'idea di una donna che sta cercando di fare qualcosa per altre donne.



Sunday 14 April 2013

A Mom's work Never Ends

Ve l'ho gia' messo si feisssbuc, l'ho gia twitttato (Si, trovate la mammaInSe anche sui social e se non ci credete guardate le iconcine glitterose che con enorme fatica sono riuscita a mettervi qui di fianco), l'ho ascoltato 20 volte l'ho sparato a tutto volume per fare ballare Bibi e Bibo stamattina, visto che tanto dormire quei 5 minuti in piu' non era contemplato nel programma domenicale dei miei Bibi.

Certo, capisco che se la domenica mattina non mi svegliate alle 6.30 vi levano subito il patentino di figli rompiballe e poi la mammaInSe cosa potrebbe scrivere nel blog se si ritrovasse due figlioli modello??


Comunque, per te mamma, che pensi che un giorno passera', che domani andra' meglio, che cresceranno, che capiranno, che ti apprezzeranno, che ti lasceranno dormire:


Lascia ogni speranza, guardati sto video e canta che ti passa:







P.S.: questo e' un piccolo contributo ironico per il Comitato Liberazione Mamma di 50 sfumature di mamma: Bellissima iniziativa per chi si chiede se tutto sto casino con i figli e' normale i se a noi hanno dato il modello difettoso (o se siamo difettose noi...). Tranquille, tutto normalissimo, ed arriveranno post piu' seri a confermarvelo!

Monday 8 April 2013

Il Secondo Nome - Spiegato dalla Bibi

La Bibi e' un personaggino buffo, si sa!
Non c'e' verso di infilarle un vestito, non c'e' verso di infilarle una calzamaglia, non c'e' verso di pettinarla e non c'e' verso di infilarle una maglia dentro ai pantaloni.
Ha sempre quest' aria un po' scanzonata ed un po' sbrindellata che tutto sommato le permette di mimetizzarsi piuttosto bene alla fauna locale.
Quando mi sveglio di ottimo umore, riposata e con il numero dell'esorcista a portata di mano, riesco anche ad imbarcarmi in una lotta all'ultimo sangue per metterle una gonna sopra i leggins, ma di solito lascio perdere.
Leggins, una maglietta di cotone e che-mai-mi-azzardi-ad-aggiungere-un-golfino, e calze rigorosamente spaiate.
E voilat, l'outfit della mia ragazzetta ribelle e' fatto e finito.

La Bibi, corre, salta, si lancia da un divano all'altro accompagnando il movimento ginnico con urla alla Haka degli "All Blacks" (Ka Mate, Ka Mate, Ka Ora Ka OrAAAAA), si arruffa istintivamente i capelli se mi avvicino con una spazzola e si infila gli stivali di gomma gialli per guardare la tele.

La Bibi ha un poncho di plastica con disegnato una divisa da pompiere e quando si traveste con le amichette lascia a loro il vestito da ballerina e lei fa il pompiere (che dopo aver appiccato il fuoco a suddetta ballerina, la innaffia e la salva).

Questo per dire, a chi non l'avesse ancora capito, che la Bibi non e' la principessina che si adorna di collane finte, di voile e di lustrini e che per ora non ha ancora ben chiari il concetto di femminilita', grazia e compostezza. Pero'.....perche' c'e' sempre un pero'...

La Bibi ama il Rosa. Non vuole necessariamente cose rosa,  non si veste di rosa, ma in qualche modo il colore le appartiene, lo lega al suo essere una girly-girl e la distingue dal fratellino, che in quanto stinky-boy (?), deve per forza preferire il blu.
Evabbe', facciamocene una ragione!

L'altra sera la mammaInSe, mentre era tutta indaffarata a mettere a posto la cucina, tendeva un orecchio alla televisione e con l'altro ascoltava distratta una lunga conversazione fra M.M. e la Bibi.
Mr.M. cercava di spiegare il concetto del secondo nome ad una povera Bibi confusa.

"Allora Bibi, quando sei nata il babbo e la mamma ti hanno dato due nomi. Abbiamo scelto il tuo primo nome quando non eravamo nemmeno fidanzati (e la storia e' qui (ndr.)), e poi la tua mamma ci teneva tanto a darti anche il nome della sua nonna a cui ha voluto tanto bene"
"..." (espressione perplessa e confusa della Bibi)
"Quindi amore mio, il tuo nome completo e' Bibi Rosa, perche' la nonna della mamma si chiamava Rosa"
"Ah ho capito!" Risponde la Bibi con il faccino illuminato e felice di quella che si era confusa, ma adesso finalmente aveva chiaro tutto questo garbuglio dei nomi.
La mammaInSE continua a lavare i piatti.
Mr.M. butta un occhio alla televisione.
La Bibi pensa.

"Babbo, ma allora il mio fratellino "il Bibo" si chiama Bibo Blu??"

Ecco, adesso ditemi, DOVE HO SBAGLIATO?
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